Lo stile di aiuto oggi e domani

Da una pubblicazione di Marina Casini, Presidente del Movimento per la Vita.

“E’ uscita il 13 giugno l’ultima relazione del Ministro della Salute della legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza con i dati definitivi 2020.

La relazione conferma l’andamento in diminuzione degli aborti e ne attribuisce in gran parte il merito all’aumento delle vendite dei “contraccettivi di emergenza. In realtà le pillole post-coitali come molte volte è stato detto, se il concepimento è avvenuto, impediscono all’uomo-embrione di annidarsi, causandone perciò la morte. In ogni caso, se vogliamo parlare di diminuzione il merito è della cultura della vita che riconosce in ogni concepito un figlio, uno di noi.

Se la cultura presente nella 194 fosse stata davvero attenta alla vita nascente le relazioni del ministro, dalla prima all’ultima avrebbero dovuto occuparsi anche di fornire dati concreti sulla parte che apre ad una preferenza per la nascita; invece su questo è sempre calato il silenzio, E’ vero che si legge “La positiva azione di supporto alla donna a rimuoverle cause che la porterebbero all’interruzione della gravidanza” emerge dal numero di colloqui IVG che è superiore al numero dei certificati rilasciati” ma è anche vero che nulla si dice delle cause che avrebbero indotto la donna ad abortire e soprattutto delle iniziative prese per rimuoverle. Chiediamo che lo Stato offra la massima solidarietà- economica, abitativa, occupazionale – alle donne che si sentono costrette ad abortire, che i consultori siano limpidamente a servizio della vita nascente e che la società si mobiliti affinché la maternità sia riconosciuta come valore e ricchezza per tutti.

La vasta esperienza dei CAV consente di affermare che il massimo fattore di prevenzione dell’aborto è il riconoscimento del figlio come uno di noi.

La Pira era solito affermare “che per realizzare una buona politica è necessario partire da una giusta concezione dell’uomo.”

Quando una società s’incammina verso la negazione della vita, “finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo (Caritas in Veritate)

Perfino la legge 194/78 che ha legalizzato l’aborto, contempla (art.1) il dovere dello Stato, delle Regioni, degli Enti locali di sviluppare servizi socio-sanitari e adottare altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato quale contraccettivo.

Quanto agli Enti locali, l’esperienza di questi anni ha documentato la presenza di Amministratori lungimiranti dai quali sono scaturiti svariati provvedimenti mirati alla promozione della Vita nascente.

Purtroppo non è il caso del Comune di Bergamo, dobbiamo doverosamente sottolinearlo, che non prende minimamente in considerazione la vita nascente e ancor più grave, Il Consiglio delle Donne si rifiuta di fare convegni sulla vita nascente e si rifiuta di accogliere come membro le associazioni che lavorano per il rispetto e la tutela della Vita nascente. Questo è molto grave.

Da Avvenire settembre 2022:

Tante donne chiedono di abortire solo perché povere o con mariti disoccupati: Di queste donne invisibili, nessuno si prende cura. Non interessano né alle femministe né ai politici, né ai difensori dei diritti ad oltranza. Non esistono. A loro viene solo concessa la “liberta “di abortire. Bel modo di risolvere i problemi. Loro non fanno chiasso, non reclamano, non pretendono. Qualcuno ha il dovere di gridare al posto loro?

Il volontariato del CAV ha come finalità essenziale essere vicine alle madri in difficoltà ad accogliere un figlio per problematiche serie di vita ed aiutarle a far valere i propri diritti.

Il CAV viene in aiuto alle donne con parole molto semplici: “non aver paura, che noi ci siamo se hai bisogno “noi ci siamo Per qualsiasi cosanoi ci siamo “ed in questo modo semplice e fraterno, umano, a zero spese per le casse dello Stato, abbiamo salvato decine di migliaia di bambini in questi anni. (dal 1980 ad oggi 5.147)

 Il CAV vuole essere un luogo dove le donne si possono raccontare, confidare, chiedere e ricevere aiuto. Da quarant’anni l’esperienza del CAV prova che nei casi concreti, quando la prospettiva dell’aborto è imminente per la madre, un contesto di amore e di condivisione, di solidarietà e di amicizia, accompagnato da aiuti di ogni tipo, può tutelare la vita del figlio in collaborazione con la madre.

L’aborto provoca una sofferenza che non trova purtroppo riconoscimento sociale e risuona muta nelle persone che l’hanno vissuta. 

Da interventi di Papa Francesco:

Quando una donna scopre di aspettare un bambino, si muove immediatamente in lei un senso di mistero profondo. Le donne che sono mamme lo sanno. La consapevolezza di una presenza, che cresce dentro di lei, pervade tutto il suo essere, rendendola non più solo donna, ma madre. Tra lei e il bambino si instaura fin da subito un intenso dialogo incrociato, che la scienza chiama cross-talk. Una relazione reale e intensa tra due esseri umani, che comunicano tra loro fin dai primi istanti del concepimento per favorire un reciproco adattamento, man mano che il piccolo cresce e si sviluppa. Questa capacità comunicativa non è solo della donna, ma soprattutto del bimbo, che nella sua individualità provvede ad inviare messaggi per rivelare la sua presenza e i suoi bisogni alla madre. È così che questo nuovo essere umano diventa subito un figlio, muovendo la donna con tutto il suo essere a protendersi verso di lui.

Ogni mamma ha diritto di essere sostenuta e accolta da tutta la collettività. Ogni bambino è un dono e un prodigio, ha una missione unica da svolgere nel mondo. La scelta di aprirsi alla generazione e all’accoglienza di una nuova vita è un valore prezioso per tutti. La maternità e la paternità sono un bene sociale, arricchiscono il mondo di nuove risorse e di nuove energie.

Ancora un’affermazione di Papa Francesco:

“La vita è un bene che oggi è messo a repentaglio fin troppo spesso addirittura dal grembo materno, affermando un presunto “diritto all’aborto “Nessuno può vantare però diritti sulla vita di un altro essere umano.”

 

Sono migliaia le storie di donne che, con un aborto programmato, dopo aver avuto un colloquio con i volontari del CAV decidono di portare avanti la gravidanza, accogliendo il figlio che portano in grembo.” Si tratta di trasformare in cultura il lavoro del CAV”

Molte famiglie stanno attraversando difficoltà economiche serie, mancanza di lavoro, mancanza di alloggio ed anche quando hanno un piccolo alloggio, faticano moltissimo per pagare le spese delle utenze Anche sotto l’aspetto psicologico vivono nella paura di non farcela, non hanno fiducia nel futuro. Per mettere al mondo dei figli serve l’aiuto da parte delle istituzioni per una migliore qualità della vita. Anche a Bergamo per la prima volta allarma il calo delle nascite, dopo una crescita nel 2021, torna il segno negativo. L’inverno demografico di Bergamo: rispetto ad un decennio fa, 3.000 neonati in meno.

 È necessario quindi essere vicino psicologicamente e moralmente alla donna che ha difficoltà a prendere una decisione sulla vita del figlio. È anche soprattutto necessario che si instauri una cultura della vita e del rispetto della vita nella società di oggi.

Le operatrici del CAV sanno che l’ascolto è un’arte difficile ed è necessario essere preparate e formate.  Il percorso di accompagnamento è molto importante per capire le necessità reali della mamma e la sua condizione psicologica, familiare ed economica.

L’operatrice che svolge l’accompagnamento della donna è sempre fortemente motivata, crede nel rispetto della vita, e mette in campo i valori personali di sensibilità, di solidarietà, di condivisione e di gratuità acquisiti con la formazione e la personale esperienza di vita.

Quando la donna, nonostante tutto, per una qualsiasi grave ragione, non riesce ad intravedere un po’ di luce in fondo al tunnel in cui si trova (o forse crede di trovarsi) e non vuole o non può tenere il bambino, la legge prevede la possibilità di non riconoscerlo alla nascita e tutela il diritto della donna di essere informata e restare anonima e a quel bambino di crescere in una famiglia di genitori adottivi, individuati dal Tribunale per i Minori nel più breve tempo possibile.

Questo è un gesto d’amore per il proprio bambino, il dono di poter venire al mondo.